Per mesi non si è parlato di giovani e bambini; adesso che anche in zona rossa riprende la didattica in presenza per i più piccoli, gli adolescenti rimangono ancora nell’ombra. Per loro la scuola resta in DID, didattica integrata digitale.
Siamo tutti consapevoli che l’adolescenza è una fase di crescita molto delicata e fondamentale per lo sviluppo della personalità futura e del benessere psicologico. In questi giorni siamo bombardati da messaggi terroristici, che se da una parte sono necessari a sensibilizzare sulla pericolosità del disagio che sta investendo gli adolescenti, dall’altro non fanno che alimentare la paura, fino a trasformarla in panico. Ma che possiamo fare noi adulti oltre a spaventarci di fronte all’aumento di tanto star male?
Quando sono presenti segni di un disagio importanti, di un equilibrio che si è rotto, i ragazzi ci stanno chiedendo non di riconoscere il sintomo (dipendenza da Internet, autolesionismo, depressione,…), ma di vedere e accogliere il loro dolore. Spesso i ragazzi che si tagliano raccontano che è un modo per sentirsi vivi. Tutte le persone hanno bisogni e esigenze, primo tra tutti il sentirsi vivi…Cosa ci fa sentire vivi? Il fatto che qualcuno ci veda, si preoccupi per noi, mostri interesse, ci chieda come stiamo, cerchi di fare qualcosa per farci star meglio.
Molti ragazzi si svegliano la mattina senza più avere stimoli per affrontare la giornata. In questo periodo è venuta a mancare completamente la progettualità, che permette di avere speranza nel futuro. Mancano gli obiettivi perché tutti quelli che si erano dati purtroppo sono stati messi da parte. Respirano paura, angoscia, a volte disperazione. Nei casi più sfortunati stanno lottando con il dolore di un lutto di una persona cara e attorno a sé hanno persone che, anche se adulte, mostrano le stesse difficoltà di fronte alle proprie emozioni.
Come adulti dobbiamo aiutarli a rendere più vivibile questo periodo di sacrifici ai quali tutti siamo chiamati a contribuire, loro compresi. Progettare insieme
significa vedere un domani e utilizzare il presente per costruire i presupposti di quel domani. Togliere il cellulare perché lo stanno usando troppo è inefficace: dobbiamo dar loro un’alternativa
che li faccia sentire bene in modo che siano loro stessi a scegliere la vita.
Stiamo pensando ai tempi in cui potremo tornare a fare le vacanze studio? Non si tratta di andare in agenzia e fissare la vacanza, ma di prepararsi facendo qualcosa di utile, che ci faccia crescere. Un esempio potrebbe essere dedicarsi allo studio della lingua straniera del paese che vorremmo visitare, guardando insieme in famiglia un film in lingua originale sottotitolato, condividendo tra genitori e figli le parole conosciute e quelle appena imparate, facendo piccole conversazioni in lingua a tavola.
Se l’obiettivo è tornare il prima possibile in palestra o a fare sport dilettantistico, allora organizziamo in casa un momento dedicato al movimento, che può essere corsa sul posto, ginnastica a terra, seguendo corsi online ma soprattutto facendoli insieme, con un appuntamento fisso come se fosse l’orario degli allenamenti. Usciamo a respirare aria fresca intorno a casa, programmiamo 1 o 2 giorni dedicati a questo momento per stare insieme, che può diventare anche un modo per parlare e raccontarsi la giornata. Muoversi e ossigenarsi porta molti vantaggi a fisico e mente.
Facciamo in modo che mantengano vivo il rapporto con i loro coetanei, attraverso videochiamate in momenti riservati, in modo che possano sentirsi liberi come
quando sono fuori casa. E chiedete loro dei loro amori, delle loro cotte e simpatie. Voi genitori lo sapete quale è la persona che manca loro di più? Avete mai chiesto chi vorrebbero
riabbracciare per primi? Avete fantasticato insieme su tutte le cose che vorreste fare appena ci si potrà muovere in sicurezza? Ascoltare non vuol dire avere la soluzione, vuol dire dare spazio
al sentire dell’altro.
E soprattutto parliamo con loro delle emozioni, facciamo loro capire che in questo momento è normalissimo sentirsi tristi, demotivati, arrabbiati, delusi. che momenti di rabbia e di ribellione capitano a tutti e che tutti noi in certi momenti pensiamo che vorremmo accartocciare tutte queste regole e limitazioni, ma che non lo facciamo perché siamo convinti che solo collaborando tutti insieme arriveremo all’obiettivo: uscirne velocemente, uscirne sani e possibilmente persone migliori di prima. Diciamo loro che nel caso di eventi così straordinari come quello che stiamo vivendo non dobbiamo vergognarci di chiedere aiuto ai nostri genitori, ai nostri amici o allo psicologo.
Spesso aiutare gli altri distoglie dai propri dolori e riempie di senso le giornate. Aiutateli a trovare qualcosa di utile da fare ogni giorno: potrebbero dedicare del tempo a parlare con chi è meno fortunato, offrirsi per piccoli lavoretti, rivolgendosi ai gruppi di volontariato, alle associazioni sui diritti umani o alla parrocchia. Molte cose si possono fare a distanza anche in zona rossa.
Può essere difficile trovare l’aggancio tra il mondo adulto e il mondo degli adolescenti, ma è necessario per accompagnarli verso un futuro migliore, dove saranno
loro gli adulti che dovranno prendersi cura dei ragazzi e dei bambini che verranno. Quando il cuore è vicino non c’è distanza che tenga.
Christina Bachmann
Psicologa e psicoterapeuta, responsabile del Centro Risorse di Prato (www.centrorisorse.info)
Pubblicato su La Repubblica il 2 aprile 2021.